MARCO DAVANZO

(Ampezzo, 1872 – 1955)

Marco Davanzo si è formato dapprima all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ove ha avuto modo di conoscere maestri della scuola veneta come Ettore Tito e Pietro Fragiacomo, grazie alla cui influenza ha affinato il suo talento. Successivamente ha proseguito la sua formazione a Roma, durante il servizio militare, per poi tornare nuovamente a Venezia.

Negli anni della giovinezza gli studi prima e successivamente le vicende della Prima Guerra Mondiale hanno costretto il pittore carnico ad allontanarsi dalla terra d’origine, alla quale tuttavia è rimasto sempre profondamente legato: la produzione artistica di Davanzo è fortemente incentrata, infatti, sulle scene di vita quotidiana e domestica nell’alta Val Tagliamento, sui paesaggi di Ampezzo e il loro lento mutare al ritmo delle stagioni, sul rapporto che lega l’uomo di montagna alla sua terra. Pittura di paesaggio, quindi, attestata non solo dalle opere concluse, ma anche da una ricca serie di bozzetti, testimonianza di inestimabile valore, in quanto permettono di osservare l’evoluzione del linguaggio pittorico e la cifra stilistica di Davanzo. A questo proposito, molto forte è la suggestione esercitata anche da Segantini, dalla cui evoluzione artistica nella direzione del Divisionismo, tuttavia, si è ben presto allontanato.

Nella maturità, di ritorno dall’esilio marchigiano tra le amate montagne, significativo è il rapporto d’amicizia con Giovanni Petris, artista fuggito dalla città per ricercare in Carnia una nuova purezza espressiva ed esistenziale. Negli ultimi anni di vita, l’artista si è discostato dai più moderni dettami della pittura del Novecento, appartandosi, introverso e taciturno, ad osservare uno scenario presente di nuovi conflitti e devastazioni (siamo negli anni del Fascismo prima e della Seconda Guerra Mondiale poi), a lui incomprensibile.

Marco Davanzo rappresenta quindi l’esempio più significativo della completa dedizione di un artista alla lettura dei connotati naturalistici e umani del proprio ambiente attraverso la pittura. Infatti, nella sua vasta produzione, la Carnia è raffigurata in un ventaglio di immagini suggestive che ne esaltano la segreta poesia. Lo sterile accademismo viene così superato dal tono poetico, reso con pennellate sintetiche, succose di colore e di luminosità, come si può scorgere nell’opera collocata nella Galleria d’Arte Moderna De Cillia, intitolata “Luci e ombre della Carnia”: un piccolo olio di cm 24×30 che esprime efficacemente l’atmosfera raccolta del mondo agreste montano. Davanzo restò fedele al naturalismo di stampo ottocentesco con cui poteva esaltare il paesaggio della propria terra, nella quale scelse di continuare a vivere, fino alla fine della sua esistenza.

Per accedere ad ulteriori dati relativi alla catalogazione del quadro consultare il sito www.beniculturali.regione.fvg.it.