ALIGI SASSU

(Milano, 1912 – Palma di Maiorca, 2000)

Aligi Sassu apparteneva ad una famiglia non particolarmente agiata e frequentò a Milano i corsi serali riuscendo così a concludere gli studi. Insieme all’amico e designer futurista Bruno Munari, si presentò a Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo. Questo incontro fu proficuo: nel 1928 fu invitato da Marinetti a partecipare con le sue opere alla Biennale di Venezia.

In quegli anni, grazie alle amicizie del padre, poté conoscere bene le opere di Boccioni e Carlo Carrà, di Gaetano Previati,  di Giandante X (così era noto Dante Persico) e di Giuseppe Gorgerino, e a loro si ispirò talvolta nei suoi dipinti. Studiò Picasso, Diego Velázquez ed il nudo plastico. Di questo periodo è L’Ultima cena, il dipinto che sintetizza l’arte di Aligi Sassu e, negli abiti moderni dei personaggi e l’ambientazione urbana, preannuncia quello che sarà il suo stile futuro. Nel 1934 soggiornò per un periodo di tre mesi a Parigi studiando a fondo le opere di Matisse, Théodore Géricault, Delacroix, Cezanne ed i dipinti dei pittori dell’Ottocento esposti al Louvre.

Nel frattempo il suo impegno politico aumentò e, quando in Spagna scoppiò la Guerra civile, diventò un attivo antifascista. Antifranchista e simpatizzante dei partigiani spagnoli, dipinse la Fucilazione nelle Asturie. Accusato di complotto, rinchiuso nel carcere di Regina Coeli a Roma, attraversò un periodo piuttosto problematico alla fine del quale riprese la pittura. Sono di questo periodo i disegni con soggetti mitologici e i ritratti dei carcerati. Fu graziato nel luglio del 1938, rimanendo però un sorvegliato speciale. Solo nel 1941 poté esporre nuovamente: per la prima volta compaiono in pubblico gli Uomini rossi. L’esposizione avvenne nella “Bottega di Corrente”. Con Mazzotti e Fabbri, nel 1954, incontrò per la prima volta Picasso. Due anni dopo, in un nuovo incontro, Picasso gli mostrerà le sculture che esporrà successivamente al Museo di Antibes. Lo stesso anno espose alla Biennale di Venezia fra le altre opere I martiri di Piazzale Loreto, che Giulio Carlo Argan acquistò per la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea. Negli anni Ottanta vennero allestite mostre a Siviglia, in Germania, a Madrid, a Toronto, Montreal e Ottawa.

Nel 1986 espone a Palma di Maiorca, alla XI Quadriennale di Roma, alla Triennale di Milano e alla Casa del Mantegna a Mantova e Monaco di Baviera. Nel 1992 partecipa in Sud America al progetto espositivo Arte Italiana nel mondo esponendo a San Paolo, Bogotà e Buenos Aires. A Bruxelles, nella nuova sede del Parlamento europeo, nel 1993 completò il murale in ceramica I Miti del Mediterraneo, che occupa 150 metri quadrati. Sono invece del 1994 le incisioni Manuscriptum per la mostra itinerante in Svezia “I ponti di Leonardo”. È dell’anno successivo l’esposizione alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo e del 1999 la mostra antologica a Palazzo Strozzi a Firenze.

Per volontà dei coniugi Sassu, il 25 giugno 1999 nasce la Fondazione Aligi Sassu e Helenita Olivares a Maiorca che da allora ha allestito mostre tematiche con i suoi lavori. Consultare il sito www.aligisassu.com “L’artista ha avvertito e interpretato il senso dinamico della vita moderna. Dapprima presente nell’area futurista, ha poi soggiornato a lungo a Parigi, dove è entrato in contatto con i linguaggi innovatori dei maggiori artisti dell’Ottocento e del Novecento…”.

Proprio dalle molteplici esperienze condotte nel mondo artistico parigino, Aligi Sassu saprà individuare i caratteri specifici della propria pittura, orientandosi verso una interpretazione surreale e fantastica della realtà, e prediligendo alcuni soggetti, quali i cavalli…”dipinti con colori accesi e violenti, innaturali: il gagliardo vigore dell’animale trova un elemento complementare nel colore, dando vita ad una realtà dinamica e magica…”. Cavallo che appare anche nella litografia (dedicata dall’artista alla Signora De Cillia) presente nella Galleria De Cillia, intitolata “Caval rampante” (cm 69×48, del 1962). L’effetto dinamico impresso alla rappresentazione dell’equino alato è ottenuto facendo ricorso a una procedura particolare, chiamata “frottage”, ossia “sfregamento”. Il foglio viene disteso su una tavola di legno e lo sfregamento con pastello o grafite determina la messa in evidenza delle fibre del legno che vanno a imprimersi così sul foglio. Nel complesso, l’animale rappresentato si carica “di uno slancio saettante, assicuratogli dalla ritmica lineare, che si sovrappone, quasi annullandola, alla corposità della terza dimensione…”.

Per accedere ad ulteriori dati relativi alla catalogazione della litografia consultare il sito www.beniculturali.regione.fvg.it.